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Questo articolo e stato estratto dalla rubrica ANAPI News

Nuovo decreto sulla sicurezza degli ascensori


IL PROVVEDIMENTO IN ESAME.
Il MiSE sta elaborando, da diversi mesi, uno schema di regolamento da approvarsi tramite decreto del Presidente della Repubblica che modificherà il DPR 162/99, la legge quadro sugli ascensori in Italia.
Tale provvedimento è necessario per recepire nel nostro ordinamento la direttiva ascensori 2014/33/UE che, a partire dal 20 aprile 2016, dovrà sostituire la vigente direttiva ascensori 95/16/CE. Oltre al recepimento della direttiva, il Ministero intende apportare al DPR 162/99 alcune modifiche di competenza nazionale, tra cui:
- la riaffermazione della competenza delle Prefetture per il rilascio delle abilitazioni ai tecnici manutentori, aspetto fondamentale in quanto le relative commissioni prefettizie sono state soppresse e da oltre due anni non si tengono più sessioni di esame;
- la modifica dell’art.15 relativo alla manutenzione, precisando che il manutentore deve stilare un piano di manutenzione per ciascun impianto, su misura, in funzione delle sue caratteristiche e condizioni d’uso;
- modifiche minori agli articoli sulla messa in esercizio, verifiche e manovra di emergenza;
- l’introduzione dell’art. 19-bis, rubricato “Adeguamento della sicurezza degli ascensori conformi alle norme vigenti fino alla prima applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1999, n. 162”.
Questa ultima modifica è quella che ha attirato l’attenzione dell’associazione Confedilizia che in un suo comunicato stampa ha lanciato l’allarme su una supposta “tassa sugli ascensori”, scatenando una campagna di disinformazione sui media.
LE ARGOMENTAZIONI DI CONFEDILIZIA.
Le motivazioni utilizzate da Confedilizia per attaccare il provvedimento del Governo sono essenzialmente queste:
- gli ascensori sono già sottoposti per legge ad un sistema di controlli che ne garantiscono l’assoluta sicurezza; hanno più controlli gli ascensori che qualunque altro mezzo di trasporto;
- infatti, sono sottoposti a controlli di sicurezza ogni 6 mesi da parte dei manutentori, e ogni 2 anni da enti controllati dal ministero (ON e ASL/ARPA);
- se sono necessari interventi per ripristinare la sicurezza, questi vengono prescritti dagli enti in occasione delle verifiche periodiche biennali;
- in ultima istanza, se l’ascensore non è sicuro, il manutentore lo può/deve fermare, garantendo così la sicurezza degli utenti;
- quindi, l’imposizione di nuovi controlli è un arbitrio del governo, si tratta di controlli e di interventi non necessari, la sicurezza è un pretesto per favorire le lobby degli ascensoristi e dei verificatori;
- la conseguenza è che sui proprietari di immobili viene a gravare una nuova tassa, non di nome ma di fatto, che vanifica l’eliminazione della Tasi;
- questi lavori non sono richiesti dall’Europa, non sono inseriti nella direttiva europea (vincolante) ma semmai solo in una raccomandazione (non vincolante).
LA REALTÀ DEI FATTI.
Le argomentazioni di Confedilizia sono pretestuose e fuorvianti. Vediamo perché:
- è vero, l’obbligo di manutenzione e di verifiche periodiche fa sì che gli ascensori siano tenuti in condizioni di efficienza e sicurezza, se manutenuti a regola d’arte (non solo verifiche semestrali, ma anche visite di manutenzione preventiva in funzione delle esigenze dell’impianto);
- tuttavia, ogni impianto è sicuro rispetto ai requisiti di sicurezza richiesti all’epoca della sua installazione, quindi è una sicurezza relativa e non aggiornata ai canoni di sicurezza attuali;
- infatti, gli impianti ante 1999 che non sono stati sottoposti ad interventi di adeguamento, anche se manutenuti secondo la legge, sono comunque pericolosi perché:
possono presentare dislivello tra pavimento della cabina e piano di sbarco, con rischio di inciampo e caduta; le porte automatiche possono urtare le persone in entrata e in uscita dalla cabina e provocarne la caduta, soprattutto di quelle più deboli e anziane; può mancare la luce di emergenza in cabina, con rischio di panico dei passeggeri in caso di blackout elettrico; può mancare il collegamento telefonico tra la cabina e un centro di soccorso, con il rischio di rimanere in cabina per un tempo indefinito in caso di fermo impianto durante la corsa, etc.;
- quando rilevano tali situazioni di rischio, i verificatori biennali non possono prescrivere gli interventi di adeguamento perché non c’è nessuna legge che lo preveda:
è questo il motivo per cui è stato inserito l’art. 19-bis nel provvedimento del ministero;
- l’Europa non ha imposto questi interventi di adeguamento non perché non li ritenga indispensabili, ma perché la loro imposizione non rientra tra i poteri che i Trattati assegnano alle Istituzioni europee (gli impianti preesistenti sono di competenza degli Stati membri, gli impianti marcati CE sono di competenza europea); per tale motivo, la Commissione Europea ha emanato un’apposita raccomandazione, nel lontano 1995, invitando gli Stati membri ad innalzare il livello di sicurezza degli impianti preesistenti;
- quindi, volendo essere precisi, sono quasi 21 anni che l’Europa aspetta che l’Italia si decida ad innalzare il livello di sicurezza dei suoi vecchi ascensori;
- la Commissione europea ha dato mandato al CEN – il Comitato europeo per la normalizzazione – di elaborare una norma tecnica che consentisse di individuare le situazioni di rischio e i conseguenti interventi di adeguamento da introdurre sugli ascensori preesistenti al 1999; il CEN ha pubblicato nel 2003 la relativa norma, la EN 81-80 “Regole per il miglioramento della sicurezza degli ascensori per passeggeri e degli ascensori per merci esistenti”, la cui versione italiana è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.27 del 2-2-2006.
Tale norma ha individuato ben 74 situazioni di rischio sugli ascensori ante-99 e indicato le misure per eliminarli; di tutte tali situazioni di rischio, il MiSE nel citato art. 19-bis ne ha prese in considerazione meno di una decina, quelle associate ad un maggior numero di incidenti e infortuni sul parco ascensori nazionale;
- tutti gli altri grandi paesi dell’Unione europea, quelli con il parco impianti più numeroso, hanno provveduto ad emanare disposizioni nazionali in applicazione della Raccomandazione europea: dalla Francia al Belgio, dalla Spagna alla Grecia e alla Germania, per citare solo i principali.
GLI INTERVENTI DI ADEGUAMENTO DELLA SICUREZZA.
Occorre sottolineare che sui circa 700mila impianti installati prima del 1999 sono stati eseguiti, nel corso degli anni, numerosi interventi di adeguamento della sicurezza, in occasione di interventi di modernizzazione che necessariamente vengono effettuati su impianti che hanno un’anzianità di servizio mediamente molto elevata. Non sono affatto rari, soprattutto nei centri storici delle grandi città italiane, gli ascensori installati nella prima metà del secolo scorso e tuttora in funzione. Quindi, a seconda della presenza o meno sui vecchi ascensori dei dispositivi necessari ad eliminare i rischi individuati nell’articolo 19-bis, si dovranno effettuare lavori più o meno impegnativi, oppure non se ne dovranno effettuare affatto. In ogni caso, la stragrande maggioranza dei lavori comporterà una spesa comunque contenuta e distribuita su più anni, da suddividere, ovviamente, tra i condomini dell’edificio, i quali potranno usufruire delle detrazioni Irpef previste dalla legislazione vigente (ad oggi, pari al 50% della spesa). Si tratterebbe, ovviamente, di interventi una tantum, niente di lontanamente avvicinabile ad una tassa. Quella della “tassa sull’ascensore” è, quindi, una vera e propria “bufala” mediatica, propalata senza scrupoli da chi, evidentemente, non ha nessun rispetto per la sicurezza che deve comunque essere garantita a tutti gli utenti degli ascensori, indipendentemente dal fatto che l’impianto su cui si trovano a viaggiare sia stato installato nel 1930, nel 1975 o nel 2016.
CONCLUSIONI.
L’Italia è la nazione europea con il parco ascensori più numeroso, e con la quota più elevata di impianti vecchi, eppure è l’unica a non aver ancora recepito la Raccomandazione europea che richiede interventi di adeguamento della sicurezza del parco ascensori esistente. Negli ultimi anni si è registrato un aumento crescente delle cause civili per risarcimento danni legate alla vetustà degli impianti: la prima causa di incidente è l’inciampo nel gradino che si forma tra pavimento dell’ascensore e piano di sbarco, e le compagnie di assicurazione hanno registrato un conseguente forte aumento degli indennizzi liquidati per gli infortuni di questo tipo. L’ultimo episodio di cui siamo venuti a conoscenza riguarda l’indennizzo di oltre 33 mila euro riconosciuti dal Tribunale di L’Aquila ad una signora infortunata a seguito della caduta sull’ascensore condominiale, con condanna del condominio quale custode dell’ascensore ai sensi dell’art. 2015 c.c. (sentenza pronunciata il 27/10/2015, causa 362/2010); ma sono centinaia le cause di questo tipo in tutti i tribunali italiani ed i costi sociali degli infortuni (in primis a carico del servizio sanitario nazionale) sono di difficile quantificazione ma assai elevati.
Il provvedimento all’esame del MiSE è un atto dovuto a tutela della salute e sicurezza dei cittadini, con risvolti positivi anche per la riduzione dei costi sociali, a carico dell’intera collettività, derivante dall’implementazione degli interventi di adeguamento e dalla conseguente riduzione di incidenti ed infortuni.


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